Tra Manierismo e Controriforma

 

La reazione europea al Manierismo

Nel Cinquecento gli artisti della maniera italiana abbandonano le città della penisola e si spostano da un ambiente regionale ad uno europeo. In Francia Francesco I chiama a se un’ alta varietà  di artisti come Leonardo, Solario, Bordon, Primaticcio e Rosso dando vita alla scuola di Fontainebleau; Tiziano stesso passa dai servigi dell’imperatore Carlo V a Filippo II di Spagna, questi spostamenti d’ artisti contribuiscono al diffondersi dell’arte italiana che viene presa come modello dalle grandi monarchie d’Europa.

Il cambio di pensiero

Wunderkammer-1599Se nei primi decenni del XVI secolo l’idealismo platonico era una delle fondamenta del pensiero del tempo,
adesso lo sguardo è rivolto
alla natura; nascono i primi prototipi di museo le Wunderkammer o Stanza delle meraviglie , che contengono le varie curiosità del mondo, a questa volontà di scoprire lo sconosciuto si allineò l’inizio della rivoluzione scientifica e la scoperta dell’America; questi fattori ampliano l’orizzonte e portano l’uomo a riflettere sul mondo.

 

La riforma luterana

Agli inizi del Cinquecento l’elemento unificatore di tutta l’Europa era il cattolicesimo, questa condizione entrò in crisi quando nel 1517 il monaco tedesco Martin Lutero affisse 95 tesi di denuncia trattanti il malcostume, la corruzione e la degenerazione della curia papale; ciò porto allo scisma protestante. L’Europa si divise in Luterani, Calvinisti, Anglicani Cattolici.as24d

Lutero vide erroneo il costume e pensiero cattolico della redenzione per atti di penitenza o culto, la redenzione per Lutero poteva essere concessa solo da Dio; questa visione metteva in secondo piano la chiesa cattolica e limitava il clero.

La Controriforma

Nel mondo cattolico l’idea di riformare la Chiesa senza una rottura era già presente dal papa Adriano d’Utrecht a Erasmo da Rotterdam e passò dopo lo scisma a un tentativo di riconciliazione con i riformati; dalla creazione di nuovi ordini religiosi teatini, gesuiti e
oratoriani; da un altro lato però la Controriforma contribuì alla creazione dell’Inquisizione romana e dell’Indice dei libri proibiti; i tentativi d’ avvicinarsi ai protestanti si conclusero nel 1545 con il concilio di Trento e portarono a conflitti religiosi.

Il valore dell’arte nel periodo della Controriforma

Nei paesi che accolsero la Riforma luterana l’iconografia cristiana fu messa in discussione
e venne seguita dalla distruzione di molta dell’arte sacra, ciò porto gli artisti a dedicarsi ad nuovi temi e tecniche come i paesaggi, ritratti, temi storici, illustrazione, nature morte e incisioni con la tecnica dell’acquaforte, le loro opere erano sostenute dai sovrani protestanti e successivamente dai borghesi.

 

“Un arte senza tempo”  Federico Zeri

L’arte divenne in questo periodo più essenziale e sottoposta a elementi fissi ed arcaici come nel XV secolo un esempio è l’arte di Pulzone, la quale appartiene ad uno stile semplice e particolarmente efficace che è la conclusione di un percorso stilistico che intreccia esigenze religiose e tradizione; molto apprezzato dalla committenza religiosa dell’epoca; quest’attenta semplicità contribuì a concentrarsi sui sentimenti diretti di una coinvolgente mimica facciale, ciò sviluppo un’ intensità e una naturalezza nelle opere degli anni Quaranta e Cinquanta.

Nella curia romana si ebbe una censura dell’arte, l’esempio più famoso è quello riguardante il Giudizio universale di Michelangelo, il quale venne scoperto nel 1541 e subito venne giudicato offensivo per la nudità dei personaggi e solo la commissione di Paolo III lo salvo dalla distruzione, ma portò alla copertura parziale dei nudi dell’affresco da parte di Daniele di Volterra.

Con un sentimento opposto al tempo si sviluppo l’arte devota del Tintoretto, con affollate composizioni e forte per il suo dinamismo e le spettacolari ambientazioni prospettiche, facendo notare la sua non rottura con il Manierismo.

Europa dopo la scoperta dell’ America

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La Spagna grazie alla scoperta dell’America diventò un impero coloniale e sposto l’asse dei commerci verso l’Atlantico. Dopo la pace di Cateau-Cambrésis(1559), la Spagna espanse la sua influenza in Italia;le città più influenzate in Italia furono due Milano e Genova; la prima in declino causa l’egemonia spagnola e la mancanza di un corrispondente locale, solo nel 1565 con l’arrivo di Pellegrino Tibaldi fiorì l’ arte sacra; caso opposto fu Genova che alleata della Spagna, dal 1528, visse un periodo di ricchezza; ciò portò alla creazione di vari palazzi nel centro urbano da parte delle famiglie più agiate.

Venezia perse d’importanza nelle sue rotte marine, causata dal cambio delle tratte commerciali, e l’avanzata dell’ impero turco la trasformò in una zona di frontiera, la ricchezza di Venezia venne spesa per costruzioni sulla terra ferma, ciò portò alla costruzione di ville, il declino veneziano era iniziato; questo però contrasta con la situazione artistica della Serenissima la quale nel Cinquecento visse l’epoca più felice e libera; a Venezia si trovava infatti la grande presenza di artisti come Bassano, Veronese, PalladioSansovinoSanmicheli e Tintoretto.

JACOPO TATTIJacopo Sansovino

La grande stagione dell’arte rinascimentale veneziana inizia negli anni trenta con  Jacopo Tatti detto Sansovino, nato nel 1486 a Firenze e studia presso la bottega di Andrea Contucci. Verso il 1506 va a Roma, accompagnando il maestro, le se sue prime opere autonome e autografe sono documentate solo a partire dal successivo rientro a Firenze, dal 1511 al 1518, mentre è assai probabile l’esecuzione da parte sua dell’ultima delle sculture  nel coro di Santa Maria del Popolo.

Fuggì da Roma in seguito al Sacco del 1527, riparando a Venezia, dove avrebbe voluto solo passare in direzione della Francia. Fu invece trattenuto in città , ricevendo un’immediata commissione per il restauro delle cupole della basilica di San Marco. A Venezia si stabilì poi in via definitiva e lasciò la città lagunare solo per un viaggio nella sua città natale nel 1540. Qui lavorò come scultore e, soprattutto, come architetto, spesso ospitando suoi concittadini che portarono ventate di novità centro-italiane in Laguna. Morì a Venzia appunto nel 1570.

 

PIAZZA SAN MARCO

 Jacopo Sansovino, a Venezia, dette maggiore prova del suo talento rimodellando Piazza San Marco dove si applico nel 1536, la vecchia piazza era articolata in due spazi perpendicolari a L con il  campanile che faceva da angolo, e la Basilica nella parte alta della piazza. Vi era anche, sulla sinistra della basilica le procuratie, sede di uffici e abitazione dei procuratori veneti. Sansovino allargò l’estensione della piazza, isolando il campanile e aprendo verso il mare la piazzetta. Sansovino per accentuare questa apertura costruendo la Loggetta e con la Biblioteca Marciana che da direttamente sul mare. Sansovino implementò anche nuove procuratie sulla parte destra della piazza perpendicolarmente alla biblioteca. Per realizzare Piazza San Marco Sansovino si ispirò hai fori antichi, la biblioteca per esempio fu progettata applicando le regole del “De architectura” di Vitruvio.

PALAZZO CORNARO

Palazzo  Cornaro è un esempio di architettura lagunare, costruito infatti n4- Jacopo Sansovino (1486-1570), Palazzo Corner (1537)elle sponde del canal grande e riprende la tipologia medievale del palazzo veneziano, caratterizzato da un infittirsi delle finestre nella zona centrale della facciata. Per rispettare questa tradizione Sansovino progettò due serie di arcate che si avvicinano e si stringono  nella parte centrale dell’edificio. L’architetto vole però non desiste dall’inserire elementi innovativi come la forma compatta dall’edificio e l’uso del bugnato liscio(una lavorazione muraria costituito da blocchi di pietra sovrapposti a file sfalsate), le quatto grande finestre nella parte bassa e le colonne appoggiate su mensole curvilinee.

MICHELE SANMICHELI

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Michele Sanmicheli nacque a Verona, a quel tempo parte della Repubblica di Venezia.
Imparò le basi della sua professione da suo padre Giovanni e da suo zio Bartolomeo, entrambi scalpellini a Verona, originari di Cima frazione di Porlezza sul lago di Como. La bottega di famiglia era un semplice laboratorio artigianale, anche se in contatto con diversi atelier di elevata qualità. Michele ebbe modo in giovane età, probabilmente, di acquisire stimoli intellettuali anche dalla frequentazione della sua famiglia con Bernardino e Matteo Mazzola, scalpellini e umanisti, con cui collaborarono alla realizzazione della Loggia del Consiglio.

Verso il finire del 1505 il giovane Sanmicheli era già orfano di entrambi i genitori mentre un fratello, Jacopo, era prossimo alla morte, e un altro fratello, Alessandro, era chiuso in un convento a Bologna. Questa situazione gli dava ben pochi motivi per trattenersi nella città natale ed allora, vendute alcune proprietà familiari ad Azzano, decise di trasferirsi a Roma. Qui riceve incarichi importanti come il duomo di Montefiascone commissionatoli dal  cardinale Alessandro Fornese. A Roma riceve sopratutto incarichi di fortificazioni delle difese  nei confini dello stato pontificio; commissionati dal papa Clemente VII che temeva attacchi da parte di Carlo I.

Finito gli incarichi del papa, Sanmicheli decide di tornare a Verona e qui si occupa sia architettura civile che militari, ispirandosi agli edifici antichi.

PALAZZO GRIMANI

La candida facciata, ispirata all’architettura romana, è divisa da robusti marcapiani in tre settori: si ipotizza tale scelta stilistica possa essere suggerita al progettista dalla stessa famiglia committente, che si distingueva per il suo mecenatismo. Il pianterreno e il mezzanino, contraddistinti dalla presenza di un portale ad arco trionfale e di imponenti colonne scanalate che sostengono un monumentale poggiolo continuo, appaiono meno luminoso dei piani superiori. La tematica dell’arco trionfale è ripresa pure ai piani superiori, dove si ripete affiancata da un ulteriore arco. Tutte le aperture dei piani nobili sono decorate da colonne binate non scanalate in ordine corinzio.La pianta, anomala in quanto caratterizzata dalla forma piramidale del sito, si sviluppa intorno ad un atrio centrale a tre fornici di gusto classico al quale corrispondono ai piani superiori due porteghi.

PORTA PALIO

Tra gli esempi di architettura militare non poteva mancare Porta Palio, porta che serviva per controllare l’antica via Postumia, è posta in posizione centrale tra il bastione di San Bernardino e il bastione di Santo Spirito.La pianta è rettangolare, si tratta quindi di un grande blocco composto da un grande androne centrale, aperto sul retrostante loggiato verso città, e collegato con la campagna tramite un passaggio carraio centrale e due passaggi pedonali laterali. L’androne centrale  è articolato come un unico grande spazio libero coperto da una volta a crociera, nel piano superiore si trovano locali per il ricovero del corpo di guardia. Nonostante l’estensione notevole degli spazi interni, la struttura è dotata di pilastri e muri di notevole spessore, visto che nel progetto originale dovevano sostenere il peso dell’artiglieria posta sulla sommità dell’edificio. La composizione della facciata è articolata da quattro coppie di colonne in cui sono situate le porte, e quattro campate secondarie molto strette.

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CITTADINE MILITARI

In questo periodo storico il Veneto è sotto la pressione dei turchi, che ambivano hai domini marini, e quella dell’impero, che volevano possedimenti terrestri, e sono costretti a fortificare i forti già esistenti e sopratutto a costruire delle cittadine militari da zero, facendo cosi delle inespugnabili fortezze.

PALMANOVAPalmanova1600

Tra queste cittadine vi è Palmanova, fatta edificare ad Udine in Friuli nel 1593.
La città è edificata su un piano ottagonale regolare circondare da una cinta
munita di mura a forma di stella a 9 punte, il tutto a protezione delle
tre  porte d’ingresso alla città. Vi sono vari bastioni e cannoni nelle mura, il numero di quest’ultimi è calcolato secondo la gittata dell’epoca.

Andrea Palladio29762-0

Palladio aveva una missione: trasformare, sostituire l’architettura scomoda, malsana, brutta con architettura di gusto, dove fosse bello vivere, permettendo alle persone di vivere meglio […] aveva anche una mente da urbanista […] direi che quando creava un edificio, generava un ordine, creava collegamenti, riposizionava una strada, creava uno spazio che non c’era: penso a Palazzo Chiericati che genera una piazza su uno spazio difforme.

(Howard Burns)


LA VITA

Andrea di Pietro della Gondola, nato a Padova nel 1508, fu senz’altro il maggior architetto del Cinquecento veneto.

Si formò in patria come scalpellino e capomastro, e mostrò, fin da subito, spiccate doti per la teoria e la progettazione. Compì numerosi viaggi a Roma per studiare dal vivo le rovine antiche e, sempre nella Città Eterna, ebbe modo di vedere le architetture di Bramante, Raffaello e quelle nuovissime di Michelangelo.

Questi studi costituirono un nucleo importante del suo successivo trattato “I quattro libri dell’architettura”, pubblicato nel 1570. Palladio iniziò a scrivere il trattato a soli 22 anni e lo arricchì poi con le proprie opere. La prima edizione de I quattro libri dell’architettura vide la luce a Venezia nel 1570. Seguono varie edizioni e rifacimenti posteriori, oltre a traduzioni in francese, olandese e inglese. All’interno di questo testo sono presenti illustrazioni atte a dimostrare le idee del Palladio circa la purezza e la semplicità dell’architettura classica, disegnate di suo pugno.  Il trattato è suddiviso in quattro libri che trattano argomenti diversi:Andrea Palladio I Quattro Libri Dell'architettura (1570)_P_gina_145

Primo libro: tratta la scelta dei materiali, le tecniche costruttive e gli ordini architettonici di tipo Tuscanico, Dorico, Ionico, Corinzio e Ordine composito in tutte le loro parti (basamenti, colonne, architravi, arcate, capitelli, trabeazioni), illustrati in una serie di tavole ed infine gli altri elementi edilizi (soffitti a volta, pavimenti, porte e finestre, camini, coperture e scale)

Secondo libro: riporta alcuni progetti dello stesso Palladio , di cui 9 palazzi signorili di città, 22 ville signorili (di cui 13 completate secondo il progetto, 5 realizzate in parte e 4 incompiute) ed una serie di progetti palladiani di costruzioni non realizzate. Le raffigurazioni delle tavole talvolta si discostano dall’edificio costruito in quanto risentono di un processo di idealizzazione e adeguamento al maturo linguaggio del maestro.Houghton_Typ_525_70_671_I_qvattro_libri_dell'architettvra_-_frontispiece

Terzo libro: descrive la maniera di costruire le strade rettilinea lastricate in pietra, i ponti in legno ed in pietra con nuomerosi progetti palladiani, le piazze antiche realizzate dai greci e dai latini ed infine le basiliche fra cui la basilica progettata da Vitruvio a Fano e l’importante Basilica Palladiana di Vicenza.

Quarto libro: contiene i rilievi di 26 edifici romani antichi fra cui 18 templi a pianta rettangolare dei fori repubblicano e imperiale di Roma antica, Napoli, Spoleto, Assisi, Pola e Nimes, una basilica romana a pianta rettangolare, 7 templi o Basiliche a pianta centrale a Roma e dintorni.

Morì a Vicenza nel 1580.

I PRIMI LAVORI

La prima grande occasione giunse nel 1549, quando Palladio fu incaricato di progettare un restauro del Palazzo della Ragione a Vicenza. L’edificio originale si componeva di un insieme di uffici sovrastati da un maestoso, gigantesco salone ricoperto da una volta lignea.

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Palladio lasciò intatte le murature preesistenti e diede un nuovo involucro all’edificio con un doppio loggiato in pietra, scandito da semicolonne addossate (tuscaniche nella parte inferiore, ioniche nella parte superiore), intervallate da due serie di aperture a serliana basilicaPalladiana(elemento architettonico composto da un arco a tutto sesto affiancato da due aperture sormontate da un architrave). Il nome assunto in seguito dall’edificio, Basilica, rimanda all’accezione originaria del termine, che nell’Antica Roma indicava uno spazio adibito a riunioni della comunità civile.

Palladio intervenne più volte sul tessuto urbanistico di Vicenza, progettando numerose residenze patrizie. I palazzi palladiani sono riconducibili a due tipi fondamentali, che si distinguono per il diverso rapporto con lo spazio urbano:

  • Palazzi che presuppongono un’area attorno sufficientemente vasta da consentire di cogliere a distanza la simmetria dell’edificio
  • Palazzi che torreggiano sulle strette strade della città, offrendosi in scenografiche visioni d’angolo
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Palazzo Chiericati

Alla prima categoria appartiene Palazzo Chiericati, un edificio rinascimentale sito a Vicenza in piazza Matteotti, a fianco della parte terminale di corso Palladio. Progettato nel 1550 come residenza nobiliare per i conti Chiericati, fu completato solo alla fine del Seicento. La straordinaria novità costituita da palazzo Chiericati nel panorama delle residenze urbane rinascimentali deve moltissimo alla capacità palladiana di interpretare il luogo in cui sorge: un grande spazio aperto ai margini della città, davanti al fiume, un contesto che lo rende un edificio ambiguo, palazzo e villa suburbana insieme. Sulla piazza dell’Isola, Palladio imposta una facciata a doppio ordine di logge in grado di reggere visivamente lo spazio aperto, e che si pone come elemento di un ipotetico fronte di un Foro romano antico. L’armonica facciata è strutturata in due ordini sovrapposti, soluzione fino ad allora mai utilizzata per una residenza privata di città, con un coronamento di statue.

LE VILLE PALLADIANE

Fra le più note realizzazioni di Palladio sono da ricordare le numerose ville che egli costruì nella dolce campagna veneta. Le ville palladiane si distinguono dalle ville romane e dalle ville medicee toscane: non erano destinate unicamente allo svago dei proprietari, ma erano – anzitutto – dei complessi produttivi. Circondate da vaste estensioni di campi coltivati e vigneti, le ville comprendevano magazzini, stalle e depositi per il lavoro agricolo. Dopo varie sperimentazioni, la villa palladiana si stabilizza in una forma che diventa tipica, non solo in Italia ma anche all’estero.

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Pianta Villa Barbaro

La pianta è solitamente di forma quadrata o rettangolare con la presenza di uno o più loggiati; il salone centrale (a sua volta quadrato, cruciforme o rettangolare) è l’ambiente principale dell’edificio, attorno al quale si dispongono le scale e gli altri ambienti abitativi.  Cucine, dispense, lavanderie e cantine si trovavano al piano terreno:
l’ampio spazio sotto il tetto veniva impiegato per conservare il prodotto più prezioso della tenuta: il grano, che incidentalmente serviva anche per isolare gli ambienti abitabili sottostanti. Al piano principale, abitato dalla famiglia e dai suoi ospiti, le stanze più pubbliche (la loggia e il salone) si trovavano sull’asse centrale mentre a destra e a sinistra vi erano delle infilate simmetriche di stanze, dalle grandi camere rettangolari, attraverso le stanze quadrate di medie dimensioni, fino a quelle rettangolari piccole, usate talvolta dai proprietari come studi o uffici per amministrare il fondo.

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Villa Barbaro

 

Villa Barbaro-Volpi a Masèr (Treviso), commissionata dai fratelli Barbaro, risale all’inizio degli anni ’50 del Cinquecento ed è un esempio notevole di villa palladiana. Se è vero che per molti versi la villa mostra marcate differenze rispetto alle altre realizzazioni palladiane, ciò è senza dubbio frutto dell’interazione fra l’architetto e una committenza d’eccezione. Daniele Barbaro è un uomo raffinato, profondo studioso d’architettura antica e mentore di Palladio dopo la morte di Giangiorgio Trissino nel 1550. Il nuovo edificio è costituito essenzialmente dal corpo centrale avanzato. La facciata di tale porzione è trattata a bugnato dolce, ma, grazie all’impiego di un ordine ionico imponente e la terminazione del timpano, assume l’aspetto del fronte di un tempio tetrastilo.

All’inizio della Riviera Berica, sopra un colle, Villa di Valmarana “La Rotonda” seduce da secoli i viaggiatori grazie alle sue linee, ai suoi volumi. Palladio, nel suo trattato, inserisce la fabbrica tra quelle di città per la vicinanza a Vicenza.
Quattro facciate con il pronao-ionico esastilo si ripetono identiche in ogni lato. Il progetto palladiano prevedeva la copertura della sala centrale con una cupola semisferica, ma la presenza di Vincenzo Scamozzi, come ultimatore dell’opera, ha portato ad una trasformazione dell’idea originaria ed ad una diversa struttura. Internamente il soffitto semisferico è decorato da affreschi di Alessandro Maganza, mentre sulle pareti laterali sono raffigurate divinità greche realizzate dal francese Louis Dorigny, nel XVIII secolo. Facenti parte del complesso sono la vicina barchessa progettata da Vincenzo Scamozzi e la cappella gentilizia costruita da Girolamo Albanese per volontà del conte Marzio Capra tra il 1645 ed il 1663.

Forse mai l’arte architettonica ha raggiunto un tal grado di magnificenza

(J. W. Goethe, scrivendo della visita a La Rotonda)

GLI INCARICHI A VENEZIA

Una volta a Venezia, nel 1505 Palladio ricostruisce la chiesa benedettina di San Giorgio Maggiore

 In essa l’architetto affronta due temi risalenti al Quattrocento: la facciata a tre navate e una pianta che leghi un corpo longitudinale ad uno accentrato.  Infatti, nonostante la grande estensione longitudinale dell’edificio, chiunque si trovi al di sotto della cupola ha l’impressione di trovarsi in uno spazio centrico. D’altra parte Palladio preferiva la pianta centrale a quella longitudinale. La facciata, completamente rivestita in pietra d’Istria, riprende la tripartitura dell’interno. Al centro quattro semicolonne composite poggiano su alti piedistalli e sono sormontate da una trabeazione, sulla quale insiste un timpano a dentelli. Il frontone, interrotto solo lungo i due lati inclinati, poggi su un architrave a sua volta sorretto da parate corinzie.

L’interno della chiesa, sobriamente intonacato in bianco, si caratterizza per le coperture a botte sopra la navata centrale e con volte a crociera su ciascuna delle navate laterali.

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Chiesa del Santissimo Redentore

In modo simile alla facciata di S. Giorgio, anche la facciata della Chiesa del Redentore presenta l’intreccio di due schemi templari, uno di ordine corinzio l’altro di ordine composito, questa volta invece l’edificio è a una sola navata rettangolare con tre profonde cappelle per lato.

La chiesa del Redentore è la principale realtà monumentale della Giudecca, l’isola che occupa il settore meridionale del centro storico di Venezia. Si tratta di una costruzione ex novo in assolvimento del voto espresso dalla cittadinanza in occasione della terribile peste del 1575, che falcidiò un terzo della popolazione cittadina. Nel 1577 il Palladio fornisce un progetto che ha immediata attuazione: la prima pietra viene posata a maggio e il 20 luglio si festeggia la fine dell’epidemia con una processione su un ponte di barche che attraversa il canale della Giudecca, inaugurando una tradizione tuttora rispettata. La commissione prevede il rispetto dei parametri dell’ordine monastico dei Cappuccini, assegnatario del tempio, sia in termini planimetrici che decorativi. Ciò non impedisce al Palladio di applicare gli schemi volumetrici della tanto ammirata architettura termale romana. La costruzione risulta essere costituita da tre sezioni magistralmente raccordate: il rettangolo della navata, con le cappelle laterali che in pianta richiamano il tablino delle antiche case romane (vedasi la cappella Valmarana); il corpo mediano biabsidato, sovrastato dall’alta cupola; il profondo coro filtrato da un colonnato ricurvo.

Da notare, come la decorazione rifugga i materiali più pregiati, come da dettami dell’ordine, e utilizzi il cotto anche per i capitelli corinzi. Quanto alla facciata, il Palladio raggiunge nel Redentore il risultato più alto della sua esperienza veneziana: alla navata maggiore corrisponde un ordine composito gigante, sovrastato da un timpano, entro il quale si inseriscono il portale e le nicchie con statue di santi; alle navate laterali corrisponde invece un ordine minore, complanare al primo, completato da semitimpano; la scalinata centrale risolve brillantemente il raccordo inferiore delle due parti; sull’attico, la statua del Redentore affiancata da due angeli.

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Molto interessante, il colpo d’occhio che si gode dalla sponda opposta del canale, dalle Zattere allo Spirito Santo, nel punto di attracco del ponte votivo: la facciata perfettamente integrata con la cupola e i due singolari campaniletti cilindrici in una prospettiva tanto felice da sembrare frutto di un accurato studio.

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Teatro Olimpico, Vicenza

 

Nello stesso anno della sua morte l’architetto iniziò a Vicenza la costruzione del Teatro Olimpico, uno dei suoi massimi capolavori. Nel 1580 il Palladio ha 72 anni quando riceve l’incarico dall’Accademia Olimpica, il consesso culturale di cui egli stesso fa parte, di approntare una sede teatrale stabile. Il progetto si ispira dichiaratamente ai teatri romani descritti da Vitruvio: una cavea gradinata ellittica, cinta da un colonnato, con statue sul fregio, fronteggiante un palcoscenico rettangolare e un maestoso proscenio su due ordini architettonici, aperto da tre arcate e ritmato da semicolonne, all’interno delle quali si trovano edicole e nicchie con statue e riquadri con bassorilievi. Tuttavia si differenzia dai suoi modelli ideali per la copertura: i teatri dell’antichità erano infatti a cielo aperto. All’interno, lo spazio semicircolare destinato agli spettatori risulta legato a quello riservato alla rappresentazione, caratterizzato dallo straordinario sfondamento prospettico della scena fissa, con la triplice visione illusionistica di strade urbane in finta prospettiva, realizzato dall’allievo di Palladio, Vincenzo Scamozzi.

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La critica definisce l’opera ‘manierista’ per l’intenso chiaroscuro, accentuato tra l’altro da una serie di espedienti ottici dettati dalla grande esperienza dell’architetto: Il progressivo arretramento delle fronti con l’altezza, compensato visivamente dalle statue sporgenti; il gioco di aggetti e nicchie che aumentano l’illusione di profondità. Il Palladio appronta il disegno pochi mesi prima della sua morte e non lo vedrà realizzato; sarà il figlio Silla a curarne l’esecuzione consegnando il teatro alla città nel 1583. Il teatro è tuttora sede di rappresentazioni e concerti ed è stato incluso nel 1994 nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO, come le altre opere palladiane a Vicenza.

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